Sono fatto di spigoli
di roccia strapiombante levigata dal tempo
sul mio corpo crescono pinete
dolcemente distese se le guardi da lontano
irte da vicino, qualche oasi di prati nel cuore
cinta da muri a secco, arditi e malfermi
di roccia strapiombante levigata dal tempo
sul mio corpo crescono pinete
dolcemente distese se le guardi da lontano
irte da vicino, qualche oasi di prati nel cuore
cinta da muri a secco, arditi e malfermi
le ossa sono travi di larice brunito
di faggio le membra e le mani di felce
di fieno da falciare i capelli
per ritrovare il profumo impresso nell’anima
sono patate e salamini, vino rosso e polenta
odore di griglia, fisarmonica straziante e bestemmia
sono ossolano, sono antigoriano
sono l’odiato amore per queste radici
come il Toce scendo l’ignoto della mia valle di tempo
appendo i desideri alle nuvole, che vanno
col vento che passa e lascia ciò che ha trovato
da sempre con l’inconscio in gabbia
tendo inconsciamente, con gli occhi, al cielo
mi sento libero solo raggiunto il passo, conquistato il monte
piode di granito sotto i piedi
una storta panca sotto i glutei, calce pungente sulla schiena
mangio fusilli riscaldati, dalla pentola
con il cucchiaio di legno
guardo i grappoli di semi del frassino
i gruppi di frutti rigogliosi sui magri noccioli
guardo la nebbia che cala sull’altro versante
trafitta di abeti, nell’aria immobile
è soltanto un momento
tra i finiti momenti di cui è fatta la vita
ma è pieno, di infinite cose
del freddo che incomincia a penetrare
degli imperterriti grilli, dei cinguettii dal bosco
una musica straniera dietro la porta socchiusa
il suono lontano delle cascate e di dio
i grigi del cielo, la luce che sfuma
mancano soltanto le lucciole
vorrei poter piangere, ma sono felice
sono ubriaco, nell’intima unicità
sono totalmente solo, nel profondo del mio sentire
ma non mi fa paura, non voglio più combattere
adesso sono in pace, adesso sono io.